martedì 10 novembre 2015

Korova

Korova (1990) è, stando agli archivi di IMDb, il secondo lavoro di Aleksandr Petrov (il primo, Marfon [1988], pare sia il suo diploma accademico), animatore russo che evidentemente ha portato avanti fin dagli albori il proprio credo artistico: anche qui come per Il vecchio e il mare (1999) e Moya lyubov (2006) lo spunto di partenza è fornito dalla letteratura (questa volta la fonte è lo scrittore Andrej Platonov scomparso nel 1951) e anche qui lo stile di Petrov è nuovamente caratterizzato da un’idea di pittura in movimento destinata a colpire la sensibilità estetica di chi assiste al film. Trattandosi di un esordio si percepisce che la tecnica utilizzata dal regista non è ancora quella che poi sarà in futuro, in generale c’è più sporcizia e meno definizione sullo schermo, ma soprattutto si pecca sul versante della dinamicità e della fluidità dei movimenti umani che appaiono alla vista molto farraginosi, sfumati per non dire fumosi, moviolistici, privi di un’armonia anatomica. A ripianare un “buco” visivo del genere ci pensa però la solita intensità di Petrov che ostenta i suoi virtuosismi aggrazianti fin dall’inizio dove si dimostra già un tessitore d’atmosfere di primo livello (la visita notturna al vitellino è una meraviglia) e sempre propenso ad inoculare nel racconto digressioni oniriche dove prorompe quella vorticosa fantasia che lo contrassegna.

Accantonando l’abito di Korova e concentrandoci su ciò che dice si può convenire con il sottoscritto che rispetto agli altri due corti sopramenzionati quello sotto esame ha, forse, e a sorpresa devo dire, anche un minimo di consistenza sotto la fastosissima patina ornamentale. La storia proposta, sebbene di una semplicità palese, si interessa di più aspetti di quanto possa sembrare in apparenza: la benevolenza del bimbo verso la vacca, il sentimento di quest’ultima nei confronti del proprio vitello, la presenza dell’uomo trasfigurata nel ruggito della locomotiva/aratro, e dulcis in fundo una chiusura espressa dalla voce over del piccolo che ha la grande qualità di non tentare la carta pietista in favore di un’esposizione lineare, sincera, anche cinica se vogliamo, riconoscente sopra ogni cosa.

A parlare di Petrov si rischia sempre di ripetersi, la ligia ottemperanza al codice pittorico-creativo da lui usato implica una scarsa variazione degli esemplari partoriti dalla sua mente, sono tutti carucci i cortometraggi che produce, romantici, nostalgici, eccetera, l’impressione però è che possano funzionare esclusivamente in uno spazio limitato come quello di uno short, pensare ad un’ora e mezza di metodo petroviano risulta arduo. Se tale riflessione sia da annoverare tra i difetti non lo so, chi ne ha voglia ci pensi un po’ su.

1 commento:

  1. T’amo, o pio bove; e mite un sentimento
    Di vigore e di pace al cor m’infondi,
    O che solenne come un monumento
    Tu guardi i campi liberi e fecondi.

    ecc, ecc

    (Il caro Giosuè con l'amichevole partecipazione di Stefano Belisari)

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