venerdì 30 ottobre 2015

Breathing

Roman Kogler, detenuto in un carcere minorile, trova lavoro in una agenzia di pompe funebri.

Difficile parlare in termini classici di bildungsroman in riferimento al protagonista di Atmen (2011), perché Kogler rispetto alla maggior parte dei diciannovenni ha vissuto situazioni decisamente adulte come l’assenza di una famiglia, un omicidio (involontario) e la dura legge della prigione. Però il viennese Karl Markovics, attore di lungo corso e per la prima volta dietro la macchina da presa, è di una crescita che ci vuole parlare, di un percorso evolutivo che riguarda il giovane Kogler e la sua necessità di ricongiungersi al passato, a quel grembo materno da cui è stato allontanato troppo presto. E la compagna con cui Roman deve convivere per scoprire quella parte della sua vita negatagli e, quindi, automaticamente crescere, ovviamente non anagraficamente, è la morte vista da vicino, toccata con mano, rimirata con l’occhio dell’innocenza, sedimentata nelle narici e sulla pelle, ché nemmeno il sapone più potente del mondo riuscirebbe a detergere.

Il carico drammatico proposto dal regista è soddisfacente, anche perché celato da una via di trasmissione decisamente rigorosa (sì, potremmo definirla “austriaca”) che trattiene nella forma qualsiasi acuto. La cristallizzazione delle emozioni, negative o positive, si appaia perciò a quel metodo così distaccato che ha reso l’Austria uno dei paesi europei sulla cresta dell’onda in fatto di cinema autoriale. Breathing ci prova ad infilarsi nella scia degli ormai arcinoti connazionali e in alcuni passaggi ci riesce, in particolare quelli in cui si pressa il bottone del sarcasmo (l’incontro con la tipa sul treno e le conseguenze… alcoliche; la conoscenza con la madre che non è di certo il tipo di mamma ideale) e quelli indiscutibilmente “forti” come la vestizione dell’anziana morta (ma anche qui orecchio a ciò che dice il parente fuori campo) e la rivelazione materna che dà sostanza al titolo e allo stesso tempo indirizza il prosieguo di Roman: dopo tanta apnea, adesso si può respirare.

Tante cose bene dunque, resta solo qualche dubbio ex post che, se apposta una lente comprensiva dell’insieme, suggerisce l’impressione di come dati certi antefatti (ad esempio l’assassinio di Kogler poteva essere più presente durante la storia) alla fine l’incisione sullo spettatore possedeva le carte in regola per essere ben maggiore di uno scorrimento che è sì tangente ma non seriamente lesivo, cinema, insomma, guardabile, per la memorabilità i lavori sono ancora in corso.

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