giovedì 8 marzo 2012

Children…

Brutto, bruttissimo segno quando il taccuino invisibile o visibile che accompagna, o almeno dovrebbe farlo, qualunque intrepido barra pseudo-wannabe critico cinematografico (here i am) durante la visione di un film resta vuoto. Il che non è per niente collegato all’equazione pochi appunti = prodotto scadente, assolutamente no perché di appunti sottolineati in rosso per un prodotto scadente ce ne sarebbero a iosa. Lo spazio bianco è allora sintomatico di una pellicola come quella di Lee Kyoo-man che non ha bisogno di esegesi, di sviscerazioni o faticosi sforzi interpretativi, A-i-deul... (2011) è una visione autoconclusiva che non necessita di appendici cogitate e riversate in parole; se tutti i film fossero così, i critici (quelli veri, ma anche quelli che lo fanno tanto per) non avrebbero lavoro (o non avrebbero un blog), questo perché Children… si palesa nella sua unità senza altarini da scoprire, senza alcunché da denunciare, senza matrici sociali rilevanti da rilevare. Troppo pericolosamente americano per essere sudcoreano.

L’esoscheletro da thriller che ricorda – purtroppo solo sulla carta – Memorie di un assassino (2003) è preso da un fatto di cronaca vera che riguarda 5 bambini scomparsi su un monte, ma se l’ipotesi di fondere due registri così lontani come la commedia e le procedure investigative non viene presa in considerazione, Lee opta per una regia routinaria senza piglio distinguibile, che se unita alla sceneggiatura sull’orlo del precipizio costringe lo spettatore a prendere le distanze da questo film.
Anzi, direi che proprio in fase di scrittura si toccano punti bassini per almeno tre motivi:

1) Tutta la prima parte con il professore universitario, nel bilancio finale risulta ininfluente, ok insinuare il possibile coinvolgimento di un padre delle vittime, e ok mostrare il brancolamento nel buio da parte delle autorità, ma a che pro? Sicuramente non del regista che dando priorità al crimine commesso non fornisce la mappa del tesoro preferendo invischiarsi in sospetti superflui.

2) Non è funzionale, poi, il lasso di tempo che intercorre tra un’indagine e l’altra. Non essendoci particolari indiziati la sensazione è che la ricerca arrivata ad un punto morto non abbia la forza per gettarsi in un twist conclusivo degno di questo nome, cosa che puntualmente accade e che mina le basi della valutazione: se un thriller non sorprende, non gabba, non gioca con lo spettatore, che gusto c’è nel vederlo?

3) Sul fatto che sia il capo poliziotto a confessare l’esistenza di un sospettato al produttore televisivo e che quest’ultimo riesca a smascherarlo (un tipo qualunque, non la polizia che lo aveva lì a portata di mano!) è meglio soprassedere, piuttosto pare a chi scrive un gesto scellerato quello di introdurre il villain al centesimo minuto dall’inizio e a trenta della fine. È un escamotage per uscire dalla stasi in cui si era incagliata l’opera, ma è anche un tiro scorretto che ferisce una narrazione tranquillamente annullabile da lì indietro. E no, il discorso della telefonata ripreso nel finale è troppo debole per incollare il puzzle.

Per la serie: anche in Corea del Sud ogni tanto un buco nell’acqua lo fanno.

4 commenti:

  1. Eh, io ultimamente di buchi nell'acqua sudcoreani me ne sono beccati 5 o 6, maledizione. Almeno questo me lo hai risparmiato, però. Thanks ;)

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  2. ... però la Corea è sempre nel cuore, le perdono tutto!

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  3. Io sicuramente ho commesso l'errore di empatizzarlo un po'troppo(sai com'è ,avendo un paio di marmocchi della stessa età di quelli che si vedono all'inizio del film credo che sia inevitabile) ma a me è sembrato spettacolo di buona qualità dal punto di vista formale che si richiama a certo cinema occidentale(anche "nobile" come Zodiac o Picnic ad Hanging Rock).Di fatto il caso dei bambini delle rane(si chiamano così) è insoluto e abbandonato perchè pare che per legge non se ne possano più occupare dopo che passano un tot d'anni..quindi tutte le ipotesi nel film lasciano il tempo che trovano.Sono solo punti di vista di qualcuno , in realtà non c'è nulla di appurato( quando ho visto il film qualche mese fa per prepararne una scheda mi sono documentato un po'...)..ora che mi ci fai pensare ancora non l'ho traslocata nel blog...Un saluto!

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  4. Sull'empatia certo, quando si parla di bambini, per di più scomparsi, si entra in sintonia facilmente con quello che si vede.
    E non nego che in alcuni tratti il film mi abbia preso, ma parlando di cinema ritengo che ci sia bisogno di una certa oggettività ed estraniandomi dall'emotività spettatoriale ho ravvisato in Children... delle magagne strutturali veramente evidenti.
    La qualità è buona, ma per la tv mi sa. Un saluto anche a te!

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