venerdì 23 gennaio 2009

9 Songs

Qui un interessante articolo apparso su La stampa non molto tempo fa che sinteticamente descrive la carriera di Michael Winterbottom: “dal drammatico road movie Butterfly kiss a Jude tratto da Thomas Hardy; dallo scandaloso 9 Songs con scene di vero sesso, a 24 hour partypeople sulla scena musicale di Manchester dai ‘70 ai ‘90, fino alla fantascienza di Codice 46.” Senza dimenticare The road to Guantanamo che gli valse l’ Orso d’Argento nel 2006.
Insomma, un regista che ama spaziare su più generi rinnovandosi ogni volta. L’ultima sua fatica è Genova (2008), film che purtroppo fino ad ora (Gennaio ’09) non ha trovato nessuna distribuzione.
Sicuramente 9 Songs rappresenta un vero azzardo per Winterbottom spingendosi laddove in pochi sono arrivati, inserendo nel circuito del grande schermo un genere da sempre screditato: l’ erotismo nudo e crudo senza filtri. Pornografia, dunque? Se la si vuol chiamare così mi sta bene, ma 9 Songs è su un altro piano rispetto ad una pellicola di Damiano o Salieri.

È la storia di due ragazzi, Matt e Lisa, che si incontrano durante un concerto a Londra. Lei studentessa americana, lui climatologo inglese. Si conoscono e vanno a letto.
Il film segue una struttura precisa, scientifica. Una canzone, e uno spaccato della loro vita coniugale, un’altra canzone e un’altra incursione nella loro intimità, fino a giungere alle nove canzoni del titolo.
Una relazione senza veli in cui si vede ogni cosa: penetrazioni, footjob, fellatio e tutto il resto.
Col procedere della musica, suonata da gruppi realmente esistenti come i Franz Ferdinand, la coppia cambia, assume consapevolezza nell’intimità, si ama profondamente raggiungendo l’apice della confidenza, e poi si affloscia, si sgonfia, stinge. Quando Matt vede Lisa masturbarsi con un vibratore la loro storia è praticamente finita.

Vado a memoria, ma l’unico film che tenta un esperimento simile è Baise-moi (2000) di Coralie Trinh Thi e Virginie Despentes. Il Mereghetti boccia impietosamente il film: “ brutte le scene hard, urticanti le musiche, da manicomio i dialoghi.” Ed è condivisibile quello che il critico afferma. Il punto è che sdoganare l’hardcore nel circuito del cinema commerciale è impossibile, e credo che ogni tentativo che è stato, o che sarà fatto, verrà visto dai critici e non, in una dimensione estremamente pruriginosa anche se vi sono pretese autoriali dietro.
Winterbottom non ha voluto filmare due persone che fanno sesso, ma neanche che fanno l’amore. Perché è impossibile farlo. La sfera privata di due persone nell’intimità non può essere impressa su della mera pellicola. Anche se i due attori sono trasportati dalla parte sarà pur sempre una loro dimensione, personale e privata, che lo spettatore può al massimo intuire, ma non afferrare perché non gli appartiene.
Cosa rimane allora? L’atto meccanico della riproduzione nudo e crudo. Il fantasma della pornografia aleggia pesantemente durante la visione di 9 Songs perchè se il regista voleva spogliare l’amore di ogni sentimento allora ci è riuscito, ma ciò che resta sono solo due corpi freddi che si incastrano ansimando. Se invece voleva raccontare la passione, il desiderio, l’ardore che nasce tra due persone allora gli è andata male.

4 commenti:

  1. in "la battaglia dei cieli" c'è una scena di sesso abbastanza reale e ben girata tra marito e moglie di mezza età diciamo non particolarmente avvenenti

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  2. Non conosco il film che citi. Comunque qui le scene non sono "brutte" eh. Winterbottom è un regista coi controcazzi.

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  3. ho appena visto il film "9 songs" e non capisco perchè si parli di hard quando si narra la storia di due semplici ragazzi che si innamorano, ben vengano le storie senza ipocrite allusioni. Che diamine siamo nel 2011 o ancora vige il perbenismo puritano del Victorian Age/ cattolicesimo? W Winterbottom!

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  4. Il problema è che questi film una volta passata la sarabanda scandalistica poi non se li incula più nessuno. E forse qualcosa significa.

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