martedì 23 dicembre 2008

Le feste dell'ipocrisia

Il numero di pacchetti sotto l’albero è stato inversamente proporzionale al crescere della mia età. In fondo credo che sia giusto così, c’è un tempo per tutto e quello dei regali è finito da un pezzo.

Sarà il mio carattere chiuso come un lucchetto, ma queste feste le odio con tutto me stesso. Cenoni, festoni, veglioni. Solo a pensare cosa mi aspetta nei prossimi giorni sento un peso adagiarsi sul cuore che si solleverà solo verso il sei di Gennaio o giù di lì.
E poi i parenti, dio i parenti sembrano arrivare da un mondo in cui il tempo si è fermato. Da quando sono in grado di proferire parola mi sottopongono sempre alle stesse identiche domande, che sono due: uguali, spiaccicate, irritanti: “Ce l’hai la fidanzata?” e “A scuola come va?”. Sono quasi quindici anni che rispondo: “No.” e “Bene.” Che poi magari non è vero, ma nel momento in cui mi vengono posti tali quesiti il baccano che regna sulla tavola improvvisamente si affievolisce fino a diventare un brusio, e tutte le loro teste si muovono simultaneamente nella mia direzione inarcando verso l’alto gli angoli delle labbra. Rabbrividisco. Ricevute le mie risposte sicuramente salterà fuori la replica dello zio più simpatico, o che almeno crede di esserlo. È solo aria fritta che si dissolve prima di arrivare alle mie orecchie.
Siccome sono un tipo silenzioso preferisco osservare, e tra ravioli rigonfi, faraone fragranti, spumanti strabordanti e panettoni plastificati, vedo un qualcosa che striscia tra le gambe delle sedie. Non gli serve salire sulla tavola perché a Natale siamo tutti più buoni, ci diamo una mano di bianco e diventiamo immacolati. Ma sotto restiamo sempre uguali. Allora osservo lo sguardo di mia zia che urla d’orrore per la pettinatura della sua dirimpettaia, ma le parole che le escono dalla bocca si complimentano per quella piega azzardata. Poi mi sposto in cucina. Aaah la cucina è un regno per sole donne, i pentoloni sfrigolano e fumano come una vaporiera arrugginita. Ed è proprio lì, lontano dagli occhi della combriccola che si asseriscono le cose peggiori: “Ormai la mamma è un peso, bisognerebbe metterla in un ricovero.” Ma quante altre frasi potrei scrivere? Centinaia forse, fino ad ingozzare quel grasso serpente che sguscia tra i nostri piedi durante le feste. State tranquilli che c’è anche nella vostra casa, e mentre le persone si saziano del cibo che ingurgitano, lui si nutre delle ipocrisie che essi proferiscono. “La mamma non si tocca, lei se ne sta nella sua casetta! Vero mamma?” Povera nonna, dei cinque sensi gliene sono rimasti due o tre, e sicuramente la vista e l’udito non rientrano tra questi.

C’è un tempo per tutto. Se quello per i regali è finito, spero che anche quello delle rimpatriate parentali non duri a lungo.

1 commento:

  1. verissimo, tutto vero. La cosa triste è che c'è chi si accontenta di quelle maschere pur sapendo cosa c'è sotto.

    colgo l'occasione di augurarti buone feste! ;) Chissà magari il mio augurio ti porta fortuna e il cenone di capodanno salta dal programma ahah

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