martedì 20 maggio 2008

Meatball Machine

Cazzo che film! Meatball Machine è una miscela esplosiva che mischia: Tetsuo (1988), Alien, Cronenberg, cyberpunk e sangue come se piovesse.
In principio fu un cortometraggio del 1999 di Yamamoto Jun’ichi che grazie ad alcune collaborazioni si è trasformato in un delirio visivo lungo un’ora e mezza.
Il mondo contemplato dal regista è abitato oltre che dagli uomini anche da esseri simili a parassiti che si appropriano dei corpi umani e li usano come “navi” per distruggere tutto e tutti, persino i loro simili. Il protagonista del film è un timido ragazzo di nome Yoji che lavora in una piccola fabbrica, qui durante la pausa pranzo spia sempre una ragazza che abita lì vicino, per poi "sfogarsi" a casa da solo.
Un giorno, dopo che all’uscita di un cinema porno viene pestato da un transessuale, piomba dal cielo uno di quei parassiti citati prima, l’insetto tentacolare non attacca il ragazzo in quanto quest’ultimo è immobile per terra, così Yoji decide di portarselo a casa per studiarselo bene. Sfiga vuole che qualche giorno dopo salva la tipa che spia al lavoro da uno stupro, e se la porta a casa. Mentre se la sta per limonare la bestiola che fino a quel momento era sembrata inoffensiva buca una parete e si impadronisce del corpo di Sachiko. Dopo una breve colluttazione i due finiscono in strada dove appare una specie di cacciatore di mostri che mette in fuga il Neo-borg (questo è il nome) e porta via con se Yoji ferito. Il tizio, che ha una figlia scampata per miracolo all’attacco di un parassita, sembra saperne molto sulla faccenda e spiega che questi esseri quando si impossessano di un corpo umano rimuovono tutta la memoria contenuta in esso. L’uomo però si rivela un mad–doctor che alleva parassiti come fossero pianticelle di gerani, e così siamo verso metà film che Yoji viene aggredito e trasformato in un Neo-borg, ma non completamente perché poco prima della trasformazione finale riesce a staccare il parassita dal proprio corpo, in questo modo mantiene il controllo (parziale, farà fuori una bambina) di se stesso e si mette alla ricerca di Sachiko ormai posseduta dall’entità aliena.

Salta immediatamente all’occhio la rapidità del montaggio quasi frenetico, le scene di lotta sono convulse, accompagnate da inquadrature sbilenche al martellante ritmo metal-punk, i costumi tentacolari dei “posseduti” sembrano usciti da un videogioco tipo Doom e rispecchiano in pieno la cultura dell’eccesso tipicamente orientale; apprezzabile la tecnica usata dal regista nell’anticipare momenti topici con scene di quiete apparente, come per esempio l’ “help me” di Sachiko poco prima che le due lenti di ferro le trapanino gli occhi. Oltre agli elementi esploitativi non va dimenticata la storia d’amore su cui si basa il film, stroncata sul nascere dalla minaccia aliena e disperatamente sofferta nello scontro finale in cui Sachiko chiede a Yoji di ucciderla, pur essendo inserito in contesto così grottesco questo legame risulta credibile e non lascia indifferente neanche lo spettatore più insensibile.

Alcuni momenti sono notevoli, il già citato trapanamento di occhi, la trasformazione completa di Yoji in cui però il ragazzo non perde totalmente la memoria e in una scena memorabile ricorda la sua triste vita, o le riprese all’interno della “cabina di comando” del virus, ecco forse questa è stata una scelta troppo azzardata, vedere quel mostriciattolo esultare o ridere delle sue malefatte rasenta davvero la comicità involontaria, un conto è un piccolo Toxie Avenger che lotta contro un suo alter-ego neonato all’interno di una placenta in film della Troma, e un altro conto è un parassita che si sganascia dal ridere in un contesto semiserio. Un’altra pecca è il combattimento finale, troppo lungo (dura trenta minuti). Il dialogo conclusivo tra due bestiacce spiega un po’ di punti oscuri, nonché il senso del titolo.
Per chi vuole sperimentare.

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