domenica 6 aprile 2008

Into the Mirror

L’avversione verso se stessi scatenata da uno shock mentale causa uno sdoppiamento della personalità, e si percepiscono due realtà, all’interno e all’esterno dello specchio, il mondo è diviso in due mondi perfettamente simmetrici, così la personalità si divide in due esseri psicologicamente distinti, qualora dovessi morire al di fuori dello specchio rimarresti vivo al suo interno, e invece se morisse il tuo io nello specchio non vedresti alcun riflesso.
Riesci a vederti quando ti specchi?

Questa è la frase finale che chiude il film, nonché la parte migliore di esso.
Into the mirror (2003) è la classica ghost –story orientale sulla scia di Ringu (1998) e compagnia bella, un filone che non apprezzo per la ripetitività dei temi trattati: fantasmi che ritornano dal passato per vendicarsi di alcuni torti subiti, questa volta l’ectoplasma arriva dallo specchio. Spunto sicuramente interessante, ma la pellicola non abbandona i cliches dei suoi simili e dunque per una buona ora e mezza si assiste alla noiosa indagine di un ex poliziotto fallito, e ora guardia di un centro commerciale, che tenta di scoprire l’origine di alcuni misteriosi suicidi avvenuti all’interno del suddetto centro, luogo,tra l’altro, di un terribile incendio in passato.

L’intelaiatura del film è costituita dagli affari poco trasparenti che riguardano i capi del grande magazzino, lasciando così in secondo piano gli eventi soprannaturali, ed è un peccato, perché a mio modesto parere, il tema del doppio, che qui è visto come l’opposto, il contrario, è sempre interessante, in Psyco (1960), per esempio, ogni volta che qualcuno è riflesso nello specchio significa che sta commettendo qualcosa di sbagliato: quando Marion conta i soldi rubati, o quando Sam e Lila si stanno registrando sotto falso nome al motel (fonte exxagon.it, io non sono così acuto).
Ovviamente Into the Mirror mantiene una caratteristica che accumuna tutti gli horror asiatici , l’accumulo di scene forti negli ultimi minuti, niente di che comunque, una scheggia di vetro nell’occhio, ed uno specchio che divide a metà il cattivo di turno, poca roba insomma.
L’attore protagonista è lo stesso che in Oldboy (2003) faceva la parte del fratello incazzato, tutti gli altri non eccellono in particolari interpretazioni, ma restano credibili.
Qualche brivido, ma anche tanta noia.

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